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“La funzione principale di un orologio per un uomo è farlo arrivare puntuale. Anche se non sempre possiamo esserlo. Ma c’è anche l’aspetto dell’eleganza, che sia a colazione o pranzo o per un evento. Un segnatempo può avere la stessa importanza di un abito, o di una acconciatura di capelli. Ed è una parte importante della routine quotidiana”.
“La partnership con Tudor è cominciata da un paio di anni. La cosa divertente è che qualche anno fa ero a Londra, dove c’è una via con dei meravigliosi negozi vintage. E in uno c’era questo orologio meraviglioso che io pensavo fosse un
Rolex. Antico, con un cinturino meraviglioso e il quadrante blu. Era qualcosa che non avevo mai visto. Era un orologio Tudor. E una settimana dopo ero al telefono con loro per una partnership”.
# Huawei: il P20Pro non è un telefono, è un manifesto. La recensione di GQ
#### Il primo telefono con tripla fotocamera è una finestra aperta sul futuro. Che è già qui, nel bene e nel male
Per raccontare il nuovo smartphone Huawei, che non solo è il migliore di sempre per l’azienda cinese, ma parte dalla pole nella corsa a telefono dell’anno 2018, conviene cominciare da quel poco che gli manca, perché si rende prima l’idea di cosa significhi averlo tra le mani. Non troverai la **ricarica wireless**, e questo è un vero peccato; c’è il riconoscimento delle impronte, ma non sotto lo schermo, come sul cugino ultradeluxe [Mate Rs](https://www.gqitalia.it/gadget/hi-tech/2018/03/27/huawei-porsche-design-mate-rs-bello-e-potente-come-una-carrera-911/) realizzato insieme a Porsche Design, una tecnologia che a questo punto ci aspettiamoci serie sul prossimo flagship di **Shenzhen**. E manca il jack audio, dettaglio che scontenterà meno persone rispetto a qualche anno fa, ma che per qualcuno rimane un limite. In compenso l’audio è ottimo anche senza cuffie e non ti pentirai troppo di esserti dimenticato il tuo speaker Bluetooth a casa, anche grazie all’integrazione dello standard **Dolby Atmos**. [Le altre caratteristiche tecniche salienti le trovi qui.](https://www.gqitalia.it/gadget/hi-tech/2018/03/27/huawei-p20-pro-il-primo-smartphone-con-tripla-fotocamera-caratteristiche-prezzo-e-data-duscita/)
**Il primo impatto**. Da quello che manca, passiamo a quello che questo telefono sembra. Perché è innegabile la somiglianza con l’[iPhone X](https://www.gqitalia.it/tag/iphone-x/), nonostante il pulsante con lettore di impronte alla base dello schermo, che Apple ha totalmente eliminato in favore di riconoscimento con Face Id e barretta di navigazione touch – due *feature* che peraltro puoi scegliere tra le tantissime varianti software che Huawei mette a disposizione su questo telefono.
A uno sguardo più attento e soprattutto dopo qualche ora di uso monta la sensazione che l’allievo abbia superato il maestro: il **[notch](https://www.gqitalia.it/gadget/hi-tech/2017/11/14/odi-il-buco-sullo-schermo-di-iphone-x-puoi-sistemarlo-con-questa-app/)** è ridotto ai minimi termini – e può essere completamente eliminato, sempre via software; il telefono è leggermente più lungo rispetto a quello di Cupertino, di pochissimo più largo, ma risulta perfettamente bilanciato e comodo anche con una mano sola; la cornice alla base ruba un po’ di spazio al **display**, ma con una diagonale di 6,1 pollici non costituisce certo un compromesso quando giochi o guardi un video su **Netflix**. I colori sono bilanciati, saturi il giusto, con una bellissima temperatura colore; restituiscono splendidamente tanto le immagini dai toni drammatici quanto le illustrazioni dove sono le tinte tenui a primeggiare e allo stesso modo la resa dei dettagli è strepitosa. Non potrà piacere a tutti invece EMUI, l’interfaccia di Huawei, con le sue icone grossolane e soluzioni grafiche non sempre mirabolanti. Ma su **Android** è facile cambiare, e di temi da scaricare, pacchetti di icone e **launcher** ce ne sono per tutti i gusti – io per esempio sto usando l’intelligentissimo **[Evie](https://www.gqitalia.it/gadget/hi-tech/2017/11/27/5-migliori-launcher-per-personalizzare-lo-smartphone-android/)**, che si comporta benissimo sul nuovo Huawei. La meraviglia continua anche dall’altro lato, soprattutto nella colorazione Twilight, che passa dal violetto al blu al foglia di tè a seconda delle condizioni di luce, un capolavoro di design che è costato un infinito numero di prototipi. Peccato soltanto che bastino un paio di ditate per rovinare la magia e che il **bump** della fotocamera spicchi decisamente rispetto allo spessore minimale del **device**.
**La forza**. Pagine web che si aprono così velocemente che neanche ti sei accorto – una esperienza ai limiti dell’assurdo, questa, straniante. Giochi, applicazioni, riproduzione video sono fluidi e senza problemi. E poi c’è la batteria, che in piena tradizione Huawei è semplicemente fenomenale e ti accompagna tranquillamente oltre le 24 ore dove anche i migliori tra gli altri smartphone faticano ad arrivare. Restano ovviamente tutti i limiti di **Android** per quanto riguarda l’universo delle applicazioni, la loro ottimizzazione, l’incredibile quantità di immondizia che trovi sul Play Store. Ma sulle prestazioni il P20 Pro è semplicemente incredibile.
**L’occhio**. Inquadri un fiore ed esce scritto “fiore”. Ti sposti di qualche metro più in alto ed entri in modalità “cielo blu”. E poi ci sono le persone, gli animali e il cibo. Se vuoi ritrarli nel dettaglio, con un clic guadagni 3x di zoom, con due addirittura ti sposti su un tele che corrisponde all’80mm di una reflex a formato pieno. Poi c’è la modalità **notte**, che ti permette di fare una lunga esposizione senza cavalletto. E tantissimo altro, che forse non scoprirai mai. La magia della fotocamera del P20 Pro, ultimo gioiello – qualcuno direbbe “definitivo” – della felice collaborazione tra Huawei e i tedeschi di **Leica**, non è facile da raccontare. Perché mette insieme il primo sistema a tripla fotocamera mai visto su uno smartphone, e quindi la componente ottica e meccanica, con una costellazione di dati e soluzioni forniti dall’intelligenza artificiale. Hardware e software insieme compongono un occhio che vede insieme a te e alle volte anche meglio di te. O addirittura al posto tuo. Il presupposto è metterti in mano non soltanto un’ottima fotocamera, ma anche tutto il **know-how** per usarla – e che non hai mai avuto il tempo di studiare – nelle ridottissime dimensioni di quella che è oramai la macchina fotografica più usata al mondo, lo smartphone. Il livello di sorpresa per l’automatismo di fare foto “giuste” che viene innescato è proporzionale a quello delle foto “sbagliate” delle varie Holga & co. durante gli anni d’oro di **Lomography**. Ti piace, non ti piace, lo odi, ma se ami fare le foto, non ti può lasciare indifferente. C’è forse ancora qualche indecisione nelle foto di piante e nei ritratti talvolta manca quasi l’umanità, ma una fotocamera che riconosce del fogliame e fa sfavillare i verdi o vede una persona e imposta da sola la modalità **bokeh** costituisce il sogno e l’incubo di chiunque abbia mai impugnato una fotocamera.
La fotocamera del **P20 Pro** è, in sintesi, sublime. Sfogliando la tua galleria, dopo un po’ di tempo che usi questo smartphone, noterai tra molto splendore qualche nota fuori luogo, troppo artificiosità, filtri che piallano dettagli per salvare una foto dal rumore digitale. Per chi volesse riprendere il controllo, c’è sempre la modalità Pro, che ti permette di regolare tutto manualmente. Ma forse ti conviene fin da ora iniziare a governare la **macchina**. Quella fotografica, ovviamente.
Le **conclusioni** non possono che partire da dove avevamo cominciato. Quello che manca al P20 Pro sono dettagli che poco tolgono al quadro generale. Ti colpiscono al cuore la potenza, l’intelligenza artificiale al comando in svariate funzioni del telefono e in particolare sul comparto fotografico, la batteria che ti permette di usarlo senza praticamente mai staccarti; il design bellissimo, l’ottimo schermo.“Sembra che Huawei abbia fatto un salto in avanti di una o due generazioni”, ha scritto il riferimento di settore **DxOMark** [nella recensione della fotocamera](https://www.dxomark.com/huawei-p20-pro-camera-review-innovative-technologies-outstanding-results/), ma il discorso probabilmente vale in generale. “Un nuovo rinascimento”, è lo slogan ufficiale. Ma è il P20 Pro stesso il vero **statement**. Huawei, per anni annunciata come “the next big thing”, l’azienda cinese che ha conquistato tutti il mercato dal basso per confrontarsi con i big ad armi pari. E che dopo avere scaldato il tavolo con l’ottimo Mate 10 Pro, cala l’asso. Richard Yu quest’anno ci ha preso per mano e portato nel futuro. Che è già qui: e questo telefono è una dichiarazione di potenza. E il nuovo presente da cui riparte la sfida. Sarà interessante vedere se la concorrenza riuscirà a stare al passo e come.
Huawei P20 Pro è disponibile a partire da 899 euro. # Sferaebbasta: “Io sono innamorato del mio business”
Il successo, la moda, le donne e... la mamma. Il ragazzo di Ciny è diventato una portentosa macchina da soldi, e lui l’affronta così
“Eravamo poveri, nulla è impossibile” è il quote della gallery di oggi @sferaebbasta su Instagram, 3 foto del suo volo in jet privato da Parigi. C’è Sfera davanti al jet in posa con **Moet** in mano e zainetto nell’altra, Sfera che mangia, **Sfera** che brinda. **Sfera**, il ragazzo dei cin e di [Ciny](https://www.youtube.com/watch?v=LD3twV19uAo), Cinisello, sobborgo di palazzoni nella terra di nessuno tra Milano e Monza, oggi è il Re. Il suo ultimo disco in studio, **Rockstar**, l’ha spedito dritto nella sala del trono della musica italiana. E oltre, perché non si arresta alle Alpi la sua marcia che avanza a ritmo di trap: è stato lui il primo italiano di sempre a mettere il proprio nome nella top 100 mondiale di **Spotify**. La sua festa, si può dire con certezza, è destinata a durare ben oltre i **santè** sul jet.
Lo incontro allo Spazio Maiocchi di Milano qualche ora dopo il suo atterraggio, nel frastuono dell’opening della mostra **Brothers of the World** by **Nike**, dedicata alle maglie che hanno fatto la storia del calcio, dove **Sfera** presenta quella che ha realizzato in collaborazione con l’azienda dello swoosh (ce ne sono altre due, firmate una da **Slam Jam** e l’altra da **Icardi**). Marsupio **Gucci** a tracolla, capello con spennellata di colore da anime e sguardo oscurato dall’occhiale fumè, si presenta con una stretta di mano decisa. Ripariamo in una stanzetta miracolosamente non devastata dall’urto devastante dei bassi. Oltre a **Sfera**, ci sono i ragazzi del suo team, Elisa e Paola di The Hub, che gestiscono le pr per Nike, e la mamma di Sfera (“ma lei non si intervista”, intima perentorio). Ci sediamo uno accanto all’altro sul secondo gradino di una stretta rampa di scale, che fa da palco improvvisato e scenografia insieme. Sulla parte sinistra del volto, **Gionata Boschetti**, nato il 7 dicembre 1992 a Cinisello Balsamo, in arte **Sfera Ebbasta**, ha tatuato il contorno della sagoma di un mitra; sull’altra tempia, che non vedo, so che porta due segni che parlano da soli, “**$€**”. La stessa accoppiata che compone la sua stringatissima bio su Instagram. Soldi, soldi, soldi.
La maglia, base bianca e dettagli coloratissimi, al centro ha una gigantesca scritta BHMG (Billion Heaz **Money** Gang, nome del collettivo da lui formato e titolo anche di una sua canzone), subito sopra un serpente – **Serpenti a Sonagli** è la seconda traccia di Rockstar – e, **indovina!**, il simbolo del dollaro sulla manica. Questa non è la sua prima collaborazione con **Nike**, spiega **Sfera**. “Abbiamo già fatto un paio di scarpe”. Le porta ai piedi, me le mostra. Sono bianco latte AirForce One, una con i lacci blu, la sinistra rossi. “Così chi aveva le scarpe può comprarsi anche la maglietta. E fare come me, total look di Sfera Ebbasta”. E scoppia a ridere.
**Che rapporto hai con la moda?**
”Mi è sempre piaciuta, ma prima del successo era difficile. La moda costa. Magari non prendevo Gucci, ma meglio H&M di un wannabe Vuitton. Quando ho potuto mi sono andato a prendere Gucci o Vuitton direttamente”.
**Ispirazioni? Qualche brand, qualche designer in particolare.**
“Non faccio discriminazioni. Penso che ogni brand abbia qualcosa di figo. Per fare questa maglietta l’ispirazione viene dal mio disco, il mood, i colori”.
*E poi Gionata si ferma per una pausa di pochi attimi, che fa il vuoto. Dopo lo farà di nuovo. Indugia in improvvisi carismatici silenzi il ragazzo di Ciny, ricordando un po’ quello della via Gluck.*
“O meglio, com’è **nella mia testa** il mio disco. La copertina l’abbiamo fatta con questi colori, le scarpe con questi colori”.
**Oggi si può diventare ricco grazie alla musica?**
“Fare delle belle canzoni ti permette di accrescere il tuo personaggio e di fare in modo che i brand vogliano te. Non è solo la musica, ma la musica ti permette di guadagnare”.
**Ti senti un rapper?**
“Mi sento un artista”.
**Sei stato il primo italiano nella top 100 Spotify. Un botto che ti ha cambiato la vita?**
“Pensavo che la mia vita fosse già cambiata, questo disco me l’ha fatta cambiare ulteriormente. Quando sei nella top della musica italiana, qualcosa per forza cambia”.
**Sei diventato ricco?**
“Ti posso dire che quest’anno ho pagato tante tasse”.
**E tutti questi soldi come te li spendi?**
Ci pensa un attimo. “Non spendo tutto. Un po’ li ho investiti, un po’ li risparmio…”
**Li risparmi tu?**
“No, ci pensa mia mamma a risparmiarli”. E la indica. Poi aggiunge, con orgoglio. “Ho regalato una casa a mia mamma”.
**Spese pazze?**
Sorride, tentenna. I ragazzi del suo team si scaldano. “Oggi ho preso un jet privato da Parigi. È la prima volta. Non penso che sarà l’ultima pazzia che farò”.
**Macchine?**
“Mi piacciono le macchine, ma non ne ho una. Io vado in giro con Uber”.
**Quindi i soldi li gestisce tua mamma.**
“No, li gestisco io. Lei mi aiuta a risparmiare.
Ho le mani bucate, non riesco a darmi freno.
Non riesco a darmi limiti”.
**Quindi Uber tutto il giorno.**
Sì, anche per prendere aria quando fa caldo.
**Altro?**
“Cosa ti devo dire”. Si scopre il polso. “Questo Rolex di diamanti. Lo vuoi, te lo regalo? Uno l’ho regalato anche a mia mamma”. A questo punto, la mamma si avvicina, mi mostrano gli orologi. Anche lei indossa le Nike **Sfera Ebbasta**.
**E prima del successo la vita com’era?**
“Fino a due anni fa ero povero”.
**Vivevi ancora a Cinisello?**
“Sì. Erano due anni fa?”, *chiede a sua madre*. “Scusami, ho una memoria di merda. Ho cambiato tante case. Ho vissuto in Brianza, ho vissuto a Bergamo. A Milano ho cambiato tre, quattro case. Ero Corsico recentemente, prima di trasferirmi. Ora sto in zona Baggio, Settimo, quelle zone là”.
**Non hai mai pensato di andare a vivere in centro?**
“Non mi piacerebbe il vicinato”.
**Cosa pensi della casa di Fedez. Gliela affitteresti mai?**
“La mia a lui?“
**L’ha messa in affitto, ne hanno parlato tutti**
“No, troppo piccola“, ride.
**Il successo ha cambiato la tua musica?**
“La mia situazione precedente mi ha aiutato a scrivere quei tipi di testi. La mia vita era già cambiata prima dell’ultimo disco e quella situazione è stata comunque di ispirazione. Dipende da te e da quanto tieni i piedi per terra”.
**Ora sei benestante, non hai paura di avere meno cose da dire?**
“Quello dipende dalla persona, non da quanti soldi hai.
Ci sono persone che hanno soldi e non hanno il cervello, persone che non hanno soldi e hanno il cervello, persone che non hanno soldi e non hanno il cervello”.
**E gli amici?**