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Nella prima generazione del Fold, lo stand era integrato nello chassis. Separarlo significa aprire nuove possibilità (come l’utilizzo dello schermo in verticale, anche semi-piegato, che a molti piacerà) ma implica un oggetto in più da portarsi dietro. Tastiera e stand, aggiunti al dispositivo che sicuramente già di suo non è iper-sottile, creano un bello spessore da fare entrare in borsa (il peso del solo dispositivo è poco meno di un chilo e trecento grammi, a cui aggiungere poi gli accessori). C’è anche da chiedersi se non sarebbe stato più elegante avere tastiera e stand combinati in una cover da agganciare al corpo del dispositivo, invece che una soluzione blandamente magnetica come quella attuale. L’impressione è che il team design di Lenovo avrebbe potuto farsi qualche domanda in più su come questo dispositivo possa venire trasportato dagli utenti: il pensiero che finisca in una borsa non è così scontato. Spesso te lo porti sotto braccio proprio come un quaderno. Ma una tracolla, per esempio?
#### Interfaccia
Aprendo l’X1 Fold a metà come se fosse un portatile ma senza usare la tastiera, potrebbe accadere che il sistema richieda il pin per l’accesso. Ma la casella dove inserirlo sarà quasi esattamente collocata là dove lo schermo si piega, rendendola di difficile accesso. È solo un esempio della più grande difficoltà nell’uso di questo dispositivo: il sistema operativo non è del tutto pronto, nonostante i tentativi di Lenovo di metterci una pezza, per esempio con un sistema intelligente per la disposizione delle finestre nelle due metà dello schermo. Ma non sarebbe male avere per esempio la possibilità di oscurare porzioni di schermo, o una tastiera virtuale migliore e più reattiva. Qui emergono tutti i limiti dell’utilizzo di Windows 11 come sistema interamente touch, senza tastiera fisica. Ovviamente l’unicità di questo foldable non aiuta.
#### La seconda generazione
Passare dai circa 13 pollici della prima generazione (2021) ai 16” di questo nuovo modello significa perdere sicuramente qualcosa in portabilità e in parte anche in funzionalità - se usate il Fold come tablet. D’altra parte crescono le potenzialità di utilizzo e, aumentando lo spazio a disposizione per inserire componenti, aumenta il corredo tecnologico che non è più un compromesso come nel primo modello. La tastiera diventa full-size e c’è anche spazio per una seconda batteria. Il primo pieghevole era stato creato durante il Covid, senza la possibilità di incontrarsi. Questo invece è il frutto di una interazione costante e in persona, oltre che di una grande multiculturalità: è stato sviluppato infatti nei centri Lenovo in America (North Carolina) e in Asia (Cina e Giappone).
# We sit together: a journey at the heart of B&O’s design
“Lo risolviamo insieme”: nel cuore del design di Bang & Olufsen
Lo storico brand tecnologico ad alto tasso di design si avvicina al centesimo compleanno. Ma non smette di guardare al futuro: abbiamo visitato la sede di Struer.
1.
Ehi Siri, accendi il giradischi!
E il giradischi Beogram 7000, ==uno degli ultimi modelli== prodotti da Bang & Olufsen sul finire del ventesimo secolo, effettivamente parte, con il vinile che prende a girare sul piatto, senza che nessuno abbia toccato un singolo tasto. Una luce soffusa si accende sulla chaise longue accanto. La musica si diffonde nel grande soggiorno. Che è un vero soggiorno, ma non un soggiorno vero. La Beo Home è la casa ideale e fittizia costruita dalla celebre azienda danese di elettronica Bang & Olufsen, per dimostrare come la sua filosofia sia quella “di adattarsi all’utente”, spiega Jette Nygaard, Comms Specialist, Brand & Heritage. E come i suoi dispositivi interagiscano con altri, in un circolo virtuoso di flessibile funzionalità: con le tende che scendono per creare il buio quando si guarda un film sul grande Beovision Harmony, che poi ruota per orientarsi verso il tavolo durante il pranzo; la musica nel bagno dove si può anche guardare la tv su uno schermo antischizzo Aquavision - “questo dimostra la nostra capacità di integrare prodotti di altre aziende”, sottolinea Nygaard; l’esperienza quasi magica di pescare il vinile del prim Greatest Hits dei Queen, metterlo su un ripiano e sentire la versione digitale che parte sugli speaker ottagonali da muro Beosound Shape.
In casa B&O, dove nel 2025 si celebra il centenario dalla fondazione, tutto questo non è una novità. Il telecomando Beolink 1000 del 1982, spiega Nygaard, consentiva già di gestire riproduzione audio e video comodamente dalla poltrona; poco più tardi veniva integrato il controllo diretto delle luci di casa.
2.
Kresten Krab-Bjerre da piccolo ascoltava i Doors sul giradischi di famiglia, ovviamente Bang & Olufsen , di cui oggi è Director, Head of Creative.
Il suo percorso personale l’ha poi portato qui. Da ragazzo lavorava nell’azienda di fabbricazione di utensili di famiglia quando si è iscritto a ingegneria meccanica. “Volevo capire come funzionavano le cose che facevo”, spiega lui. E quando poi ha voluto approfondire l’aspetto umano della progettazione, ha studiato design industriale nel Regno Unito. Bang & Olufsen, dove ingegneria, design e artigianalità sono tre pilastri fondamentali, è da trent’anni la sua casa.
È lui che accompagna *Domus* nella cosiddetta Big Room della nuova sede di Struer di B&O, 25mila metri quadrati ricavati da un ex stabilimento, dove lavorano circa 500 persone e sulle pareti della mensa si susseguono le foto dei dipendenti che nel corso di quasi un secolo hanno accumulato almeno ==25== anni di anzianità aziendale. Apre le danze Peter Bang, manca invece l’altro fondatore, Svend Olufsen, scomparso a 52 anni e troppo presto per avere il suo posto su questa parete. Le regole sono regole e valgono per tutti, anche per i fondatori, nel democraticissimo e severamente scandinavo regno di Danimarca.
Le due ali della Big Room - che è parecchio big - sono occupate da un lato da un setting che potrebbe stare bene in una fiera, con una esposizione dei nuovi prodotti di B&O in teche e ambienti fittizi ricostruiti ad arte; dall’altra parte invece una raccolta di storici dispositivi dell’azienda, dove si riconoscono alcune icone. Krab-Bjerre indica il BeoSound 9000 di David Lewis, il lettore cd verticale di fine anni Novanta, che per primo valorizzava l’artwork dei dischi, dando una rilevanza all’aspetto visuale della musica che dall’iPod in poi (2001) diamo per scontata. Oltre a permettere uno shuffle continuo di musica tra diversi album, un’altra cosa che oggi diamo per scontata, all’epoca lo era molto meno. “È un oggetto che fa quello che ti aspetti che faccia”, dice il designer, spiegando che questo è un principio di progettazione fondamentale per lui. “Cerco di fare cose così”.
A pochi metri, incorniciata, la lettera del ’72 firmata da Philip Johnson con cui il Moma elenca gli apparecchi di Bang & Olufsen che entravano a far parte della sua collezione. Questa non è semplicemente una vetrina, o il ricordo di glorie passate per una azienda che guarda potentemente al futuro. È anzi quasi un imperativo: quello di continuare a creare dispositivi senza tempo, oggi come ieri. Perché le tecnologie cambiano, sottolinea Krab-Bjerre, “ma il comportamento delle persone non cambia”. E l’ambizione è quella di creare prodotti che possano essere utilizzati per sempre. Un aspetto a cui l’azienda danese tiene molto, anche per questioni di sostenibilità - e per giustificare sicuramente prezzi che la pongono decisamente nella fascia di lusso dei produttori di tecnologia. “Se lo fai nella maniera giusta, allora hai creato un’icona”.
Al centro della Big Room è in scena il presente dell’azienda e del suo processo di progettazione, con mockup e prototipi e una versione “aperta” in modo da potere osservare la complessa architettura elettronica interna di schede verdi e circuiti, tutti che raccontano com’è nato e come si è sviluppato l’impressionante BeoSound 90 (che costa circa 135mila dollari), il cui stampo in alluminio adagiato su un fianco è come una navicella spaziale atterrata sul suolo della Danimarca occidentale.
Ma è il suo fratello più piccolo, il Beosound 8, il vero protagonista della conversazione. È su quest’ultimo che Krab-Bjerre si sofferma, passando in rassegna diversi prototipi, sollevandoli e coccolandoli come si farebbe con un bambino; illustrando le varie possibilità di posizionamento - con stand da terra, da tavolo, o da parete; mostrando come il diffusore possa cambiare completamente aspetto - con una predominante in legno, o in alluminio, o diversi colori - grazie a una serie di elementi magnetici che si sganciano e riagganciano con un clic.
“Questo è il design più flessibile per la vita moderna” ==Most flexible design for modern living== spiega l’Head of creative. Le scelte cromatiche e di materiali sono perfettamente coerenti con l’eredità di B&O e con gli altri speaker con cui il Beosound è imparentato, come il più grande Beosound 28 – “per la prima volta dagli anni Ottanta, stiamo costruendo una vera e propria lineup, una famiglia di prodotti”, sottolinea Krab-Bjerre. La finitura della parte inferiore, che lo fa somigliare a un proiettile o a un piccolo razzo se girato a testa in giù, porta la chiara firma di Factory 5, l’impianto per la lavorazione dell’alluminio a poche centinaia di metri da qui, dove elaborate procedure industriali, compresa la complessa filiera dell’anodizzazione per colorare i dispositivi, incontrano la sapiente attenzione al dettaglio accumulata nel corso di un secolo di esperienza; qui è l’umanità di chi trasmette conoscenza nel prodotto a fare fare la differenza e anche davanti all’automazione dei robot pare di assistere all’opera di attentissimi artigiani.
In questa gigantesca sede c’è un’altra “big room”, dove si possono vedere ancora elementi del vecchio impianto che sorgeva qui prima del 2017, con i binari sopraelevati o la macchinetta per quando la timbratura del cartellino ancora non sembrava un concetto obsoleto. In questa stanza non ci sono però prodotti o dispositivi, ma persone. Che siedono insieme e insieme partecipano alla nascita delle sublimi creazioni di Bang & Olufsen. “Sono orgoglioso quando abbiamo successo come team”, spiega a *Domus* Krab-Bjerre. Una cosa molto scandinava, che sarebbe difficile da pensare lontano da qui. “Ma è come ci insegnano a lavorare da quando siamo piccoli”, sottolinea lui.
Il processo che va dall’ideazione di un nuovo prodotto all’inizio della sua fase di produzione, racconta, impiega circa sei mesi. In questo lasso temporale, chi si occupa del design e chi dell’ingegneria e chi del suono lavorano fianco a fianco, anche insieme ai colleghi di altri reparti ancora, con un tiki-taka che porta alla definizione di gruppo del progetto laddove in qualsiasi altra grande azienda tecnologica ci sarebbe un continuo rimpallo tra diversi team, trincee, barriere, i classici “non si può fare” del reparto di ingegnerizzazione.
“Noi ci sediamo insieme, lavoriamo insieme e risolviamo insieme i problemi”: questo succede dal giorno uno, in un processo che complessivamente dura due anni; a quel punto il prodotto sarà pronto per essere consegnato. “Deve essere speciale”, dice Krab-Bjerre, e la ricetta di B&O per riuscirci è appunto questa compenetrazione tra design e ingegneria, con un tocco di artigianato, che rende possibile la magia. Da un secolo.
3.
Nel 1945, a guerra oramai agli sgoccioli, i nazisti fanno saltare la fabbrica di Bang & Olufsen. L’azienda era nata esattamente due decenni prima nella fattoria degli Olufsen e all’epoca si era distinta per le sue radio innovative. È la ritorsione contro le attività di supporto alla resistenza durante il conflitto, con il coinvolgimento di ==Olufsen== e la produzione in segreto di un apparecchio radio portatile (la “phone book radio”) per i partigiani danesi. La fabbrica prima rasa al suolo e poi alacremente ricostruita viene raccontata da una serie di foto nella vasta area dedicata a B&O del museo di Struer, dove l’azienda è nata. “Difficile trovare qualcuno che non sia in qualche modo connesso con l’azienda”, mi dicono tutti di questa cittadina sonnolenta affacciata sulla costa.
Dopo la guerra, B&O per risollevarsi deve essere concreta. Così si lancia nella produzione dei rasoi elettrici, all’epoca popolarissimi, per uomini e donne. Nel 1950 il primo prototipo di televisore. Ma la svolta più grande arriva a metà del decennio. Grazie a una osservazione difficile da lasciar passare, quella del critico Paul Henningsem. Il quale fa notare alle tante (all’epoca) aziende di radio e tv danesi che mentre il design della nazione sta decollando, il suo comparto di tecnologia da consumo resta nelle forme ancora troppo all’antica.
Bang & Olufsen reagisce lanciando sul mercato il Capri 514, un televisore compatto dalle linee modernissime, con uno schermo curvato in modo da essere anti-riflesso, ancora oggi un esempio chiave nel design di Bang & Olufsen. L’anno successivo, nel 1959, Helge Franke Morthensen disegna la radio Mini Moderne 606 K. La B&O che conosciamo in qualche modo nasce lì e inizia così il percorso che l’avrebbe portata nell’olimpo del design. “Mi è stata data ogni libertà che un designer possa immaginare”, avrebbe dichiarato Jacob Jansen, uno dei grandi innovatori del design di Bang & Olufsen, che guidò dalla metà degli anni Sessanta firmando giradischi ancora oggi ricercatissimi sul mercato del modernariato (il Beogram 4000, recentemente reimmaginato con il modello 4000c), sistemi Hi-Fi (Beosystem 5000).
Quella di Bang & Olufsen è una grande storia di design, unica nel mondo del prodotto e dell’elettronica di consumo, che passa dalle radio ai telefoni, dai tv alle tastiere per computer (ideata da David Lewis e mai entrata in produzione), telecomandi e anche un celebre apribottiglie (prodotto ancora oggi e disegnato nel 1937!) fino agli speaker connessi di oggi, ma anche alle cuffie e agli auricolari. Un grande passato, che però B&O relega anche quasi metaforicamente nel piano interrato di un museo: come a dire che il passato è glorioso, ma l’importante è l’oggi. A Struer l’incredibile patrimonio di B&O è una soddisfazione, ma anche un continuo sprone a fare ancora di meglio oggi e domani.
Ma soprattutto un’indomabile voglia di essere ancora rilevanti.
==Il finale fa cagare==
In una foto del museo di Struer, … … …
BIG ROOM
Sede
2017
25,000 sqm
==How many >>> we sit together==
Designer / focus beolab 8
Most flexible design for modern living (why)
- stand
- change covers
Design:
- we sit together
- being timeless aka longevity (w upgrade)
- heritage + modern living
- designed to be a family (first time since the 80s) bullet-like shape
- modularity
Design + engineering + craft “It has to be special”
“I’m proud when we have success as a team”
3.
Parti dalla sede distrutta
Museo? Struer e b&o >>> storia nazi
Storia Nazi, rasoi, 1954.